La partita del nuovo debito 2019 Ben 162 miliardi di ragioni che il governo non può ignorare
(pubblicato in Avvenire il 2018-11-25, p. 8)
di
Andrea Monticini
Per poter operare ed adempiere ai propri fabbisogni, l’Italia ha necessità di emettere debito pubblico. Senza l’emissione di debito pubblico, considerato che le entrate fiscali sono inferiori alle spese, non potrebbero essere erogati i servizi sanitari, non potrebbero essere pagate né le pensioni né gli stipendi dei dipendenti pubblici, non potrebbero essere fatti gli investimenti pubblici. In sintesi, il Paese risulterebbe bloccato Nel 2019 andranno in scadenza titoli di debito pubblico Buoni del Tesoro Poliennali (BTP) per circa 162 miliardi di euro: di questi quasi 47 entro il primo Marzo. Riuscirà l’Italia a rimborsarli emettendo, come da usuale prassi, nuovi titoli? Per rispondere è utile ricordare cosa siano i titoli di debito (pubblico o privato). Un titolo di debito è una promessa di restituzione dei soldi, che il debitore fa ad un suo creditore, quindi per prevedere se possa essere emesso un titolo di debito pubblico, innanzitutto deve essere accertato se la promessa di restituzione del denaro del Tesoro sia credibile. A questo proposito ci sono tre differenti aspetti meritevoli di considerazione. In primo luogo, da Giugno il prezzo di una polizza per assicurarsi contro il rischio di default (ovvero il dover affrontare una possibile insolvenza) dell’Italia è aumentato di circa il 27%; per fare una comparazione, il prezzo di una polizza analoga, nello stesso periodo per la Spagna e la Grecia, è aumentato del 13%, mentre per il Portogallo è diminuito di circa il 15%. Si tratta di un segnale di come la reputazione, anche in termini relativi, si stia deteriorando. In secondo luogo, molti investitori stranieri stanno vendendo titoli di debito pubblico italiano senza ricomprarli, in altre parole: stanno abbandonando il mercato dei titoli di Stato italiani. Questo trend, come sottolineato in vari documenti dalla Banca d’Italia, sta proseguendo da diversi mesi e non sembra arrestarsi. Purtroppo, anche questo è un brutto segnale, perché diminuisce la massa potenziale di risparmio, che potrebbe invece essere interessata ad acquistare le nuove emissioni di debito pubblico: se gli stranieri abbandonano il nostro mercato, il peso del rinnovo del debito, in questa situazione, ricadrebbe ancor di più sul risparmio delle famiglie italiane. In terzo luogo, l’aumento dei rendimenti del debito pubblico italiano (sintetizzato in modo imperfetto dall’aumento dello spread) sta creando incertezza sul livello appropriato dei tassi, pertanto se gli investitori si attendono ulteriori aumenti futuri, rimandano l’acquisto di BTP (sia all’emissione, che sul mercato secondario) per evitare di subire future perdite qualora dovessero rivendere i titoli prima della loro scadenza. Tenendo in conto questi tre fattori, non deve sorprendere che il collocamento del BTP Italia sia stato deludente. Dato che si è trattato di un titolo con caratteristiche già ampiamente conosciute dagli investitori, la scarsa quantità richiesta, deve essere interpretata come un segnale di attenzione per le prossime emissioni. Prendiamo però atto che, fortunatamente, questa emissione è stata fatta a scopo precauzionale e non provocherà perciò problemi immediati e concreti al Tesoro.